Una discreta percentuale di pazienti adulti non risponde alla dieta senza glutine. Cosa vuol dire esattamente? Che dopo 12 mesi di dieta, sono presenti o ricorrono ancora sintomi di
malassorbimento.

La causa principale è dovuta a un’aderenza alla dieta non ottimale, ma altre possibili cause sono rappresentate dalla concomitanza di altre condizioni che non hanno a che fare con l’intolleranza al glutine.

È il caso di condizioni come intestino irritabile, colite microscopica, contaminazione batterica dell’intestino tenue, deficit di lattasi, insufficienza pancreatica. Lo hanno chiarito i medici del dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Pavia in occasione del 9° Convegno nazionale AIC incentrato proprio sugli aspetti della dieta senza glutine (di cui in questo numero vi riportiamo altre evidenze esposte dai medici relatori che vi hanno partecipato).

Non solo, oltre ai casi sopra elencati, ce ne possono essere altri dovuti a una diagnosi iniziale non corretta, legata a artefatti istopatologici che simulano l’atrofia dei villi o altre condizioni caratterizzate da lesioni simili a quelle provocate dalla celiachia ma non glutine dipendenti (come l’enteropatia autoimmune o da HIV, giardiasi, ecc.).

Tutti questi casi vanno accertati con cura per individuare le vere cause dei sintomi ed escludere eventualmente quelle della celiachia e quindi ricorrere a un trattamento differente dalla dieta senza glutine.
Diverso è infine il caso della celiachia refrattaria, una forma in cui non solo i sintomi persistono, ma anche l’atrofia dei villi non risponde alla dieta senza glutine.

In questi casi, piuttosto rari, le possibilità di cura rappresentano un campo in continua evoluzione.

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